GENERALITA’
Dal terzo
millennio A.C. e fino al terzo quarto del XVIII secolo la
lavorazione dell’argento è stata completamente manuale.
Veniva cioè eseguita con l’ausilio di utensili semplici
come martelli di varia forma e foggia, bulini, arnesi per
cesellare ed intagliare.
Anche l’attrezzatura
era piuttosto limitata e consisteva in un tavolo munito di una
morsa, con una rientranza a semicerchio nella parte anteriore
alla quale era fissata una tela per raccogliere i residui
della lavorazione che venivano poi rifusi; uno o più ceppi
dove venivano fissate piccole incudini di varia forma e foggia
(tassetti, paletti o imbottitori); un fornello a carbone per
la fusione dell’argento (oggi si utilizzano becchi a gas che
permettono di dirigere la fiamma sul pezzo in lavorazione) e
una piccola muffula (forno chiuso rivestito internamente di
materiale refrattario); stampi a compressione o per fusione.
Il tutto era completato da alcuni grossi bacili contenenti
acqua o soluzioni acide per la pulizia degli oggetti e per la
tempra. Alcuni argentiere erano attrezzati con trafile per
produrre direttamente fili di diverso spessore, ma questi sono
diventati ben presto disponibili commercialmente.
Rivoluzione
industriale, che
ebbe il suo avvio proprio nel Regno Unito, portò un
progressivo e profondo mutamento delle tecniche di
lavorazione. Già a cavallo tra il XVIII e XIX secolo
esistevano macchine come il tornio e la pressa e cominciò la
fioritura di aziende che producevano parti prefabbricate di
teiere, caffettiere ed altri oggetti (come i becchi ed i
supporti per i manici), prodotti in serie per stampaggio o
fusione.
Nel primo
quarto del XIX secolo, l’affermarsi di nuove classi sociali
e l’incremento della popolazione dovuto a condizioni di più
diffuso benessere, spinsero la produzione industriale che era
la sola a poter rispondere ad una domanda di massa di oggetti
a basso costo. Anche le mode dell’epoca in tema di
decorazioni contribuirono alla diffusione dei metodi meccanici
di produzione: il decoro neoclassico, infatti, per la sua
simmetria, si prestava molto bene ad una lavorazione
meccanica. Non a caso gli argentieri che preferirono restare
ancorati alla tradizione manuale si cimentavano in lavori a
sbalzo in stile neo-rococò. Gli abbondanti decori (a volte
rozzi e di dubbio gusto) sarebbero stati difficilmente
riprodotti da una macchina, per la loro naturale asimmetria.
Con l’avvento
dell’epoca vittoriana, e la decadenza delle arti figurative
in generale e di quella argentiera in particolare, la
situazione peggiorò considerevolmente (vedi storia
degli stili – l’epoca vittoriana). Molti
argentieri si unirono "il consorzi" sancendo, in un
certo senso, la fine dell’era artigianale e l’inizio di
quella imprenditoriale.
La scoperta
delle procedure di argentatura elettrochimica dei metalli
contribuì alla diffusione di oggetti a basso costo e di
qualità scadente, determinando la fine dell’altra faccia
dell’artigianato nel settore argentiero, vale a dire la
produzione di oggetti in old sheffield plate (vedi silverplate).
Non si deve
però generalizzare e come già spiegato parlando dell’evoluzione
stilistica nell’epoca vittoriana, resistevano produzioni di
alto ed altissimo livello, oltre ad una serie di argentieri
(es. le famiglie Barnard, Fox ed Angell, l’argentiere reale
Robert Garrard, ma anche molti altri) che continuarono a
produrre pezzi di qualità che, molto spesso e oggettivamente
parlando, non avevano nulla da invidiare rispetto alla
produzione corrente del XVIII secolo.
Inoltre, quando
si parla di lavorazione meccanica, non si deve pensare ad una
macchina che, una volta impostata, produce in serie una
miriade di pezzi identici. I cambiamenti più significativi
sono stati l’introduzione del tornio (che comunque necessita
di una consistente componente manuale), e quello della pressa,
che sostituì lo stampaggio manuale: l’apporto del lavoro
umano è comunque sempre stato consistente non solo nel XIX
secolo, ma fino ai giorni nostri, così come il ricorso a
tecniche manuali da parte di movimenti stilistici (es. l’"Arts
& Crafts") o singoli argentieri. La
differenza più significativa sta nella minore manualità
richiesta all’argentiere e, soprattutto, nei tempi
considerevolmente più ridotti di realizzazione.
Per
approfondimenti sulle tecniche di lavorazione vedi:
goldsmith.it
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LE TECNICHE DI
REALIZZAZIONE
Esamineremo le
più importanti tecniche di realizzazione dell’argenteria
adottate nel periodo di interesse collezionistico (dal 1660 ai
giorni nostri), queste comprendono sia tecniche puramente
manuali nelle quali il martello è, in pratica, l’unico
utensile utilizzato dall’argentiere, sia tecniche nelle
quali l’aiuto della macchina è sensibile, come lo
stampaggio e la tornitura. Prenderemo anche in considerazione
la fusione che rappresenta una della più antiche tecniche
utilizzate nell’arte argentiera.
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Martellatura
(raising)
E’
sicuramente la più antica tecnica di foggiatura ed è
probabilmente stata applicata su ritrovamenti di argento
nativo ancor prima della scoperta delle tecniche metallurgiche
di estrazione del metallo (Anatolia, IV millennio A.C.) Tra le
tecniche di realizzazione completamente manuale, la
martellatura, è la più dispendiosa in termini di tempo, ma
anche la più difficile da porre in pratica.
L’argentiere
parte da una lastra d’argento ottenuta per fusione da un
lingotto. Questa è dapprima battuta su una piccola incudine
(tassello) a forma di asta cilindrica con l’estremità
stondata, partendo dal centro della lastra e muovendosi per
cerchi concentrici verso l’esterno, senza però interessarne
il bordo. Questa operazione (forgiatura) tende a
"stirare" l’argento e a "spremerlo",
facendo assumere alla lastra una forma concava.
A questo punto
inizia la vera e propria operazione di innalzamento per
martellatura che consiste nel comprimere l’argento tra il
tassello e in martello senza tuttavia stirarlo e spremerlo
come all’inizio della lavorazione. Il risultato della
compressione della lastra e una diminuzione progressiva dello
spessore del metallo con conseguente e sempre più marcata
incurvatura della stessa. Alla fine della lavorazione è
possibile ottenere, per esempio, il corpo di una caffettiera,
dove lo spessore al bordo può essere anche tre volte
superiore di quello alla base. Questa distribuzione
differenziata dello spessore dell’argento a fine lavorazione
conferisce al pezzo una straordinaria robustezza.
La martellatura
dell’argento ne provoca l’indurimento progressivo, facendo
perdere al metallo gran parte della sua duttilità. A tale
inconveniente si pone rimedio scaldando il pezzo al calor
rosso e quindi spegnendolo in acqua (ricottura), operazione
che fa recuperare gran parte (ma non tutta) dell’originaria
duttilità. Dato che durante l’esecuzione di un pezzo quale
il corpo di una caffettiera, la ricottura viene praticata per
almeno una trentina di volte, a lavoro concluso la parte più
sottile (la base) sarà anche quella più dura, mentre al
parte a maggior spessore (il bordo) sarà quella più morbida.
Un modo per
accertarsi che un pezzo abbia subito questo tipo di
lavorazione consiste nel passare pollice e indice per tutta la
sua altezza. Se è stata utilizzata la tecnica di martellatura
è possibile individuare la differenza di spessore tra la base
e la sommità dell’oggetto. Inoltre, sebbene a operazione
conclusa l’argentiere "finisca" il pezzo con
martelli sempre più lisci e fini, è sempre possibile
rilevare la presenza di segni di martellatura, soprattutto all’interno
dell’oggetto. Un pezzo realizzato con questa tecnica non
deve presentare segni di saldatura alla base o la
caratteristica lunga saldatura verticale tipica della tecnica
di cucitura.
La mancanza di saldature è però comune agli oggetti
realizzati per tornitura.
In questo caso tuttavia, in luogo dei segni di martellatura
all’interno dell’oggetto, appaiono delle linee
concentriche orizzontali o, se l’oggetto è stato lucidato,
l’interno appare liscio, senza alcuna imperfezione e di
spessore uniforme dalla base alla sommità. Anche se non è da
escludere che qualche argentiere poco serio possa finire il
pezzo con alcune martellate così da conferirgli la sembianza
di una lavorazione completamente manuale, l’uniformità di
spessore e, soprattutto un bordo ripiegato su se stesso o al
quale è stato saldato un anello per impartirne consistenza,
sono tracce inconfondibili di una lavorazione al tornio.
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Cucitura o
giunzione (seaming)
E’ la tecnica
di realizzazione manuale più utilizzata nel passato ed ancora
oggi seguita da alcuni argentieri di ottimo livello. Sua
caratteristica peculiare, rispetto alla più raffinata e
complicata tecnica della martellatura, è il minor dispendio
di tempo che l’argentiere deve dedicare per la realizzazione
di oggetti concavi e solitamente destinati a contenere liquidi
o solidi, come teiere, caffettiere, zuccheriere, lattiere,
coppe a due manici, ecc..
La tecnica
consiste nella curvatura progressiva di un foglio d’argento
al fine di ottenerne un cilindro. I lati del foglio d’argento
che durante l’operazione finiscono per combaciare, sono
saldati ed il pezzo rifinito all’esterno per eliminarne le
tracce.
Il cilindro
viene quindi lavorato per
martellatura
al fine di conferirgli la forma voluta. La base è
realizzata a parte, solitamente per martellatura, e saldata
nella parte inferiore del cilindro. Le rifiniture possono
comprendere l’applicazione di parti realizzate per fusione.
Gli oggetti
realizzati con questa tecnica possono avere qualità molto
diversa tra loro, in dipendenza dello spessore della lastra d’argento
utilizzata e del grado di rifinitura a martello. Solitamente
risultano meno consistenti di oggetti simili realizzati per
martellatura, ma alcune produzioni, soprattutto di argentieri
di fama, non hanno molto da invidiare, come risultato, alla
più raffinata e dispendiosa tecnica di martellatura.
Caratteristica
inconfondibile di questi manufatti è la presenza di saldature
(cuciture), solitamente localizzate alla base dell’oggetto e
verticalmente per tutta la sua altezza. Queste cuciture non
sono (e non devono essere) visibili dall’esterno (dato che l’oggetto
viene opportunamente rifinito e lucidato), ma sono sempre
visibili nella parte interna, non solo di teiere e
caffettiere, che vengono poco o per nulla rifinite
internamente, ma anche di oggetti "aperti" come
coppe e zuccheriere. La linea di saldatura assume inoltre un
colore giallastro, in quanto la lega utilizzata è a più
elevato tenore di rame rispetto allo sterling standard,
allo scopo di abbassarne il punto di fusione rispetto alla
lega d’argento utilizzata per realizzare il pezzo.
Per ragioni di
solidità un eventuale manico è generalmente fissato proprio
lungo la linea di saldatura. Inoltre, dato che con questo tipo
di lavorazione lo spessore dell’argento è costante in tutto
il manufatto, l’imboccatura è solitamente rinforzata
saldandovi un anello d’argento lungo il bordo. Questo fatto
può portare a credere di essere in presenza di un oggetto
realizzato per martellatura, ma in questo caso la differenza
di spessore tra bordo e fondo è graduale, mentre nel caso di
anello applicato è molto più netta, se non a vero e proprio
scalino.
Parte
interna di una caffettiera della metà del XVIII secolo dove
è ben visibile la linea di cucitura verticale ed i segni
lasciati dal martello (sul fondo)
(CLICCA
SULL'IMMAGINE PER INGRANDIRLA)
NOTA: Durante
la realizzazione di un oggetto l’argentiere usa diverse
leghe per saldatura, partendo sempre dalle più
"dure", vale a dire a più elevato tenore d’argento
e, quindi, a più elevato punto di fusione, e proseguendo poi
con leghe sempre più "tenere", con tenore d’argento
e punto di fusione più bassi. Questo è dovuto alla
necessità di proseguire nella realizzazione dell’oggetto
evitando di provocare la fusione delle saldature già
realizzate.
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Tornitura (spinning)
Sebbene pare
fosse conosciuta ed applicati in maniera rudimentale fino dal
tardo medioevo, lo sviluppo di questa tecnica risale alla
rivoluzione industriale ed è collocabile a cavallo tra il
XVIII ed il XIX secolo. Ha trovato e trova tuttora
applicazione soprattutto per produzioni di massa.
Si parte da un
modello di legno o di acciaio (mandrino) dell’oggetto da
realizzare. Questo può essere costituito da un unico pezzo o
da più parti, per permetterne la rimozione a lavoro finito,
quando l’oggetto presenta anse o un’imboccatura più
stretta del corpo.
Un sottile
foglio d’argento è montato in testa al mandrino e, a motore
acceso, è fatto aderire perfettamente ad esso per mezzo di un
utensile, simile ad un grosso cacciavite, manovrato
manualmente facendo leva su un fulcro. Solitamente l’imboccatura
dell’oggetto è ripiegata per conferirgli solidità. In
alternativa viene saldato un anello all’interno o sopra la
bocca dell’oggetto
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Fusione (casting)
La fusione, per
la sua relativa semplicità è sicuramente stata la tecnica
più utilizzata dalla scoperta delle tecniche matallurgiche di
estrazione dell’argento (Anatolia, IV millennio A.C.).
Consiste essenzialmente nel generare un oggetto od una sua
parte versando argento fuso in uno stampo che, una volta che
il metallo si è solidificato, è rimosso, provocandole a
volte la distruzione.
Gli oggetti
ottenuti per fusione sono generalmente più massicci e pesanti
di quelli ottenuti con altre tecniche.
E’ verosimile
che i primi stampi fossero molto semplici e ricavati per
intaglio nella pietra, il che portava ad oggetti con la parte
superiore completamente piana. L’evolversi di questa tecnica
ha portato alla realizzazione di stampi costituiti da due
parti (conchiglie o staffe), muniti di un foro per farvi
colare l’argento fuso e di una serie di fori più piccoli
per permettere all’aria di uscire durante la colatura. Alla
fine del processo, dopo solidificazione dell’argento, le due
conchiglie sono aperte ed il manufatto estratto e rifinito
togliendone le bave e sottoponendolo a lucidatura.
Un’ulteriore
evoluzione ha portato alla realizzazione di stampi a più
componenti, per permettere la realizzazione di oggetti di
forma più complessa ed anche di parti cave. Oggetti cavi
possono anche essere ottenuti con la tecnica della
"colata a rigetto": dopo aver colato l’argento
fuso si attende che le parti a contatto con la superficie
fredda dello stampo solidifichino e si elimina l’argento
ancora liquido versandolo via.
Il metodo più
raffinato di fusione, utilizzato dal IV millennio A.C. il
cosiddetto processo "a cera persa". Si inizia con la
realizzazione di un modello in cera dell’oggetto, munito,
nel caso debba essere cavo, di un contro stampo interno, sul
quale vengono appositamente lasciati dei colami in cera per
permetteranno la colata dell’argento e la fuoriuscita dell’aria.
Questo è poi completamente ricoperto di argilla o gesso ed è
quindi riscaldato su una fiamma o in un forno (nel caso dell’argilla),
cosicché la cera fonda e coli fuori dallo stampo, dove verrà
sostituita dal metallo fuso. Per assicurare il completo
riempimento dello stampo con l’argento fuso oggi ci si aiuta
facendo ruotare velocemente lo stampo in una centrifuga. A
operazione ultimata lo stampo viene rotto (e non può quindi
essere riutilizzato). Gli antichi argentiere conservavano una
matrice in piombo o gesso per la realizzazione del modello in
cera, mentre oggi si utilizzano matrici in gomma al silicone.
Il metodo oggi
più diffuso, che risale al XVI secolo ma che venne applicato
soprattutto a metalli non preziosi, è la fusione con stampi
di sabbia. La tecnica consiste nel produrre uno stampo da un’impronta
in sabbia compatta dell’oggetto da riprodurre
Con questa
tecnica sono stati prodotti oggetti interi (candelieri e
vassoi), ma più comunemente parti di oggetti, quali basi di
porta spezie, caffettiere e teiere, manici in argento,
supporti per manici in legno, becchi, piedini e pomelli, fino
a intere decorazioni applicati per saldatura.
Oltre alla
particolare consistenza del pezzo la tecnica per fusione può
essere evidenziata (nel caso di basi o oggetti concavi dalla
particolare rozzezza delle parti non visibili che sono
generalmente lasciate allo stato grezzo. L’oggetto prodotto
per fusione, infatti richiede un certo grado di finitura, con
l’asportazione dei colami, la rifinitura manuale di alcuni
particolare non perfettamente riprodotti e la lucidatura.
Parte
sottostante il piedistallo di un porta spezie della metà del XVIII secolo
ricavata per fusione (notare come la parte risulti di aspetto
grezzo)
(CLICCA
SULL'IMMAGINE PER INGRANDIRLA)
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Stampaggio (stamping)
Questa tecnica
consiste nel ricavare un oggetto pressando, manualmente o con
l’aiuto di una pressa, un sottile foglio d’argento in uno
stampo. Lo stampo è formato da due parti (staffe o
conchiglie), le cui superfici riproducono la forma desiderata
(quella superiore) ed il suo negativo (quella inferiore). La
tecnica meccanica è stata introdotta nella seconda metà del
XVIII secolo, mentre, tempo al quale la tecnica primitiva di
stampaggio manuale con stampi e punzoni in legno era già nota
ed utilizzata da tempo.
Lo stampaggio
è stato ed è largamente utilizzata per produzioni su larga
scala di oggetti quali piattini porta dolci (vi è stata una
notevole produzione di questi oggetti nel tardo periodo
vittoriano), cornici per fotografie, candelieri destinati ad
essere riempiti di resina o per ottenere decorazioni
particolari sulle posate. La tecnica ha tuttavia trovato
applicazione anche in lavori di qualità.
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Filigrana (filigree)
La tecnica, di
origine molto antica, consiste nell’ottenere l’oggetto
desiderato semplicemente intrecciando fili di argento di
diverso spessore, impartendo robustezza al tutto mediante
saldatura. I manufatti ottenuti con questa tecnica sono
delicati, difficili da pulire e soggetto a rotture
difficilmente riparabili. Sebbene generalmente applicata a
piccoli oggetti, sono noti anche lavori di dimensioni
notevoli. La filigrana
è anche utilizzata per ottenere decorazioni che poi vengono
applicate allo struttura del pezzo prodotto.
Visita
il museo della filigrana
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LE
TECNICHE DI FINITURA
Lisciatura (planishing)
Le tecniche di
realizzazione che prevedono un massiccio utilizzo di martelli
(martellatura e, in misura minore, cucitura) lasciano il pezzo
con segni più o meno evidenti lasciati dal martello che
devono essere il più possibile eliminati, almeno nella parte
esterna dell’oggetto.
Questo è
ottenuto con l’uso di martelli sempre più leggeri e con la
battuta sempre più liscia e lucidata. La superficie è quindi
sottoposta a lucidatura e pulitura. E’ stata tuttavia
caratteristica della Guild of Andicraft (vedi Arts
& Crafts), lasciare il pezzo finito per
lisciatura ma senza sottoporlo a trattamenti ulteriori. Questa
prerogativa, già esagerata nei lavori di Omar Ramsden, giunge
all’estremo con la tecnica di decorazione
a martello.
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Pulitura
e lucidatura (burnishing)
L’operazione
di pulizia e lucidatura è praticata sull’oggetto finito (in
genere ed in modo approfondito solo dopo essere stato marcato
all’Ufficio di Controllo), per immersione in una soluzione
di acido solforico (in passato veniva usato l’aceto) e
successiva sciacquatura con abbondante acqua. Questo serve a
rimuovere lo sporco e la parte di argento che si è ossidata
nel corso della lavorazione ed è anche praticata durante la
lavorazione prima di eventuali saldature.
La pulizia di
oggetti particolarmente sporchi veniva eseguita per abrasione
con agata o acciaio molto duro ma di grana molto fine. L’operazione
era solitamente considerato un lavoro femminile, nonostante
fosse richiesta una certa forza. Nel corso della pulizia
veniva utilizzata birra fermentata per lubrificare la parte a
contatto con l’abrasivo. Oggi la lucidatura è praticata con
l’uso di abrasivi leggeri ed aiutandosi con speciali
macchine.
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Doratura (gilding)
La doratura è
stata utilizzata fin dall’antichità con il duplice scopo di
far assomigliare l’argento al più prezioso metallo, oltre a
quello di renderlo più resistente agli agenti atmosferici ed
alla corrosione prodotta da alcune sostanze saline o acide.
Questa può interessare tutto l’oggetto o solo parte di
esso.
La doratura a
fuoco mediante applicazione diretta di foglie d’oro era già
praticata in Egitto a metà del secondo millennio A.C. e
rimase in uso fino al 300 D.C.
Dal 300 D.C. si
cominciò ad adottare in Europa e nel medio oriente la
doratura all’amalgama, nota in Cina almeno dal 300 A.C..
Questa tecnica consiste nel sciogliere a freddo limatura d’oro
nel mercurio metallico e di spennellare la lega così ottenuta
(amalgama) sul pezzo da dorare, preventivamente ripulito e ben
caldo. Sotto l’azione del calore il mercurio evapora
completamente mentre l’oro si deposita sull’argento.
L’elevata
tossicità del mercurio, documentata purtroppo solo quando
molti doratori (ed altre categorie di lavoratori come i
cappellai che utilizzavano sali di mercurio per rendere più
solide le falde dei cappelli), avevano subito i pesanti gli
effetti dell’intossicazione che conduce alla pazzia ed alla
morte precoce, portò ad un progressivo abbandono della
tecnica. A partire dal 1840, con la scoperta delle tecniche di
galvanoplastica, l’argentatura ad amalgama fu resa illegale
e definitivamente abbandonata.
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LE TECNICHE DI
DECORAZIONE
Sbalzo e
cesellatura (repoussé, chasing and embossing)
Questa tecnica
è stata utilizzata fin dal secondo millennio A.C. e raggiunse
la massima espressione in Europa nel XVI e XVII secolo.
Consiste nel
colpire la superficie con punzoni in modo da ottenere una
decorazione a rilievo. Per evitare perforazioni, la superficie
opposta a quella battuta è messa in contatto con un sacchetto
di sabbia o, in alternativa, il pezzo è riempito di pece.
La battitura
può essere operata dalla parte interna dell’oggetto (repoussé),
da quella esterna (cesellatura – chasing) o da
entrambi i lati (embossing), con una finitura dei
particolari dall’esterno del pezzo dopo averlo sbalzato dall’interno.
In questo modo
si possono ottenere semplici decori del tipo a scanalature, ma
anche più raffinate decorazioni che, nei pezzi più curati,
possono raggiungere effetti pittorici.
Una particolare
tecnica è la cosiddetta cesellatura a piatto (flat chasing)
che è ottenuta battendo con un cesello (un arnese dalla punta
smussata) esclusivamente la superficie esterna dell’oggetto,
in maniera da lasciare piatta la base del decoro. Questa
decorazione è spesso confusa con l’incisione,
ma è sostanzialmente diversa da questa e lascia nella parte
interna dell’oggetto una chiara traccia della battitura
operata sulla superficie. Una particolare tipologia
cesellatura a piatto utilizzante un singolo punzone ed
eseguita in maniera molto veloce è stata estesamente
utilizzata nel XVII secolo.
A
sinistra: lavoro
a sbalzo su un boccale di epoca vittoriana. A
destra:cesellatura a piatto su un boccale della metà del
XVIII secolo (probabilmente applicata in epoca più tarda)
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Incisione
o intaglio (engraving)
La tecnica
consiste nel praticare incisioni sulla superficie da decorare
per mezzo di un arnese munito di una punta affilata (bulino).
L’operazione non ha come risultato la "graffiaura"
del metallo, ma provoca l’asporto di sottili strisce d’argento.
E’ largamente utilizzata, oltre che per le comuni
decorazioni, per incidere stemmi nobiliari, ornamenti
distintivi famigliari, iniziali ed iscrizioni.
Una variante
particolare di questa tecnica è l’incisione a taglio
"brillante" (bright cut engraving),
sviluppata ed utilizzata nell’ultimo quarto del XVIII
secolo, ma in parte ripresa negli anni ’70 del XIX secolo.
Il metallo viene intagliato in modo che le facce risultanti
siano orientate in maniera da riflettere la luce, producendo
un vero e proprio scintillio quando l’oggetto viene mosso
sotto una sorgente luminosa.
Sebbene
praticamente tutti gli oggetti incisi nell’ultimo quarto del
XVIII secolo siano stati decorati con questa tecnica, è
difficile o quasi impossibile vedere oggi lo scintillio
originale, dato che le ripetute operazioni di pulizia hanno
considerevolmente smussato gli angoli di incisione all’interno
del metallo.
Un particolare
tipo di incisione è l’Intarsio o damaschinatura, termine
deriva dalla città siriana di Damasco, dove tale tecnica,
perfezionata dagli arabi in epoca medievale, conobbe
particolare fioritura.
Lavoro
ad incisione su un boccale di epoca vittoriana
(CLICCA
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Incisione
meccanica (engine turning)
Si tratta di
una tecnica meccanica d’incisione sviluppata in Francia
nella seconda metà del XIX secolo e divenuta popolare in
Inghilterra all’inizio del XX secolo. Il particolare effetto
di opacizzazione delle parti così lavorate è molto
suggestivo ed inconfondibile. La tecnica è stata utilizzata
per decorare oggetti quali porta sigarette, porta carte,
tabacchiere e contenitori per sali (vinaigrettes).
Lavoro
ad incisione meccanica un porta sigarette del XX secolo
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Saldatura di
motivi ritagliati (cut card)
Questa tecnica
è stata utilizzata dalla fine del XVI secolo fino al primo
‘800 e consiste nel ritagliare da una lastra motivi di varie
forme (solitamente fogli di acanto ed altri motivi floreali)
per poi saldarle sul pezzo desiderato. Le decorazioni appaiono
in rilievo e molto nette, ma non risultano visibili nella
parte interna.
La tecnica ha
anche trovato applicazione per motivi pratici, per rendere
più solide alcune parti di pezzi (es. le giunzioni dei manici
di teiere) soggetti a sopportare particolari sforzi.
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Saldatura di motivi
ottenuti per fusione (cast and applied)
La tecnica è
sostanzialmente simile alla precedente, con la differenza che
i motivi non sono ritagliati da una lastra di argento ma
ottenuti per fusione e risultano quindi più elaborati e
decorativi.
Una tecnica
simile nota in inglese come wire and mouldings, ed anch’essa
utilizzata per rendere più solidi oggetti come i tankard
e le coppe a due manici, consiste nella saldatura di anelli
all’imboccatura o a metà dall’altezza. Gli anelli possono
lisci o decorati con semplici modanature.
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Traforo (piercing)
La tecnica
consiste nel ritagliare parte della superficie del manufatto
(creando delle finestre più o mene estese), sia per motivi
pratici (si pensi al coperchio di un porta spezie) che
decorativi. Fino alla fine del XVIII secolo questa operazione
era effettuata mediante martellatura di un cesello dalla punta
affilata. La tecnica venne poi sostituita dall’utilizzo di
speciali trafori sia operati manualmente che meccanicamente.
Lavoro
a traforo su una bowl di tardo periodo vittoriano
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Corrosione (Etching)
Questa tecnica,
utilizzata soprattutto nel XIX secolo, consiste nel corredere
la superficie del metallo per immersione in una soluzione
acida (solitamente acido nitrico). L’operazione tende ad
opacizzarne la superficie in misura diversa in relazione al
tempo di immersione nell’acido. Le parti che non si vuole
siano corrose (come quelle cje si ritiene abbiono già
raggiunto il grado di corrosione voluta) sono ricoperte di
cera che viene rimossa a fine lavoro.
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Martellatura (spot
hammering)
Rappresenta l’esaltazione,
artificiosa ma di indubbio impatto visivo, dell’aspetto di
un pezzo realizzato per martellatura,
anche se questo è stato ottenuto con tecniche diverse. Data l’evidenza
e l’esagerazione del risultato, che impartisce alla
superficie del metallo una grossolana struttura a "buccia
d’arancia", questa tecnica non rappresenta una tentavo
di frode, ma solo la volontà di richiamare ed esaltare l’antica
lavorazione manuale. Non a caso è tipica del tardo periodo Arts
& Crafts, e del revival di una
celebrata lavorazione artigianale del medioevo.
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Granulazione
La
granulazione, già nota nel terzo millennio A.C., è
utilizzata principalmente in gioielleria. Consiste nell’applicazione
a caldo di minuscole sfere d'oro o d’argento su una
superficie metallica per mezzo di una saldatura invisibile.
Una variante di questa tecnica (detta "pulviscolo"),
utilizzante limatura d’ora, era in uso presso gli Etruschi
tra il VI e il V secolo A.C..
Questa tecnica
non deve essere confusa con una lavorazione (ottenuta con
punzoni) che rende la superficie del metallo a "buccia d’arancia"
molto fine e pronunciata e che ha trovato applicazione almeno
dalla metà del XVII secolo ed è stata ampiamente utilizzata
come fondo per esaltare le decorazioni.
Lavorazione
a macchina ad effetto granulazione su una fiaschetta da tasca
di epoca vittoriana
(CLICCA
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Filigrana (filigree)
La filigrana,
già descritta come tecnica di realizzazione, consiste nella
lavorazione ad intreccio e torsione di sottili fili d'oro e
d'argento, che sono poi applicati su una lastra di supporto
del medesimo metallo o disposti a formare una struttura
traforata.
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Niello
La tecnica del
niello, nota fin dall’antichità classica e tuttora
utilizzata, consiste nel riempire i solchi incisi a bulino
sulla superficie del manufatto con una miscela ottenuta per
fusione e poi polverizzata (lavorata come uno smalto, ma
caratterizzata da un più basso punto di fusione e da una
migliore resistenza meccanica) di argento, piombo, rame zolfo
di colore tra il bruno scuro ed il nero (niello). La
colorazione della miscela è dovuta alla formazione di solfuri
di piombo, rame e argento. Dopo cottura e ripulitura del
niello in eccesso permane un suggestivo contrasto tra la
superficie dell’argento e il colore nero della decorazione.
La tecnica ha trovato largo impiego in Russia nel XIX e XX
secolo.
Decorazione
a niello su un boccale russo di fine '800
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Smalto (enamel)
L’applicazione
di smalti è una tecnica ampiamente utilizzata in epoca
medioevale. Lo smalto è in sostanza vetro colorato e macinato
che, in forma di pasta, è applicato alla superficie metallica
e cotto in muffola per provocarne una nuova vetrificazione.
Le prime
lavorazioni erano ottenute riempiendo scomparti o cellette
separati con smalti di diverso colore. Questo tipo di
decorazione è detto cloisonné se le cellette
sono ottenute per applicazione di filigrana, o champlevé
(detto anche Limoges) se ottenute per intaglio. In
Inghilterra il cloisonné è stato impiegato dal
XII-XIII secolo dove fu ben presto rimpiazzo dal champlevé.
Un revival si ebbe poi nel XIX secolo con l’affiorare
dello stile neo-gotico.
Nel XIV secolo
fu introdotta una particolare tecnica che permetteva l’applicazione
degli smalti per verniciatura, senza necessità di separare in
cellette i vari colori. Inoltre furono prodotti smalti
traslucidi che ricoprivano senza nasconderli i disegni
prodotti ad incisione sulla superficie del metallo.
Solo nel XV
secolo fu introdotta la tecnica (che non trovò larga
diffusione, soprattutto in Inghilterra) del plique-à-jour,
consistente nel riempire finestrelle aperte con una lastrina
di smalto (probabilmente fissata ad un supporto che veniva poi
tolto), a dare l’impressione di una vera e propria finestra
che permette la vista della smalto da entrambi i lati.
Decorazione
a smalto su un segnaposto di epoca edoardiana
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Vaso
(epoca 1885) lavorato a smalto con tecnica Champlevé - Museo
Nazionale del Castello di Fontanebleau
(unarosadoro.com)
Coppa
lavorato a smalto con tecnica plique-à-jour
(Museo della filigrana – Campo
Ligure (Italia))
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