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FRODI E ALTERAZIONI


 

Generalità

Trasposizione dei marchi da un oggetto ad un altro

Utilizzo di punzoni contraffatti o riprodotti

Alterazioni

Antique Plate Committee

Considerazioni conclusive


GENERALITA'


Nonostante i marchi di garanzia, i sistemi di controllo e le pene non trascurabili previste per i falsari abbiano reso molto complicata la pratica della contraffazione degli argenti inglesi, anche questo campo non è immune da frodi, falsi o semplici alterazioni.

Va subito detto che la frode a cui probabilmente si pensa per prima, vale a dire il marcare e spacciare per argento oggetti argentati, non rappresenta un vero problema per l’argenteria inglese: oggi questa pratica è estremamente rara e quanto fatto nel passato è ormai quasi tutto noto e documentato.

Molto più comune è stata in passato la pratica di marcare con copie contraffatte di punzoni oggetti a titolo inferiore allo sterling, così da non essere oggetto di controllo. La severità delle pene che venivano comminate direttamente dalla Workshipful Company of Goldsmiths, che aveva anche la facoltà di sequestrare la merce contraffatta, ha reso ben presto questa pratica poco proficua.

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TRASPOSIZIONE DI MARCHI DA UN OGGETTO ALL'ALTRO


La forma più nota di contraffazione, che tuttavia non rappresenta una vera e propria frode, è il cosiddetto duty dodging, vale a dire l’insieme delle pratiche messe in atto soprattutto nel corso del 1700 per evadere il dazio sugli argenti. Il duty dodging è documentato dal 1720, come conseguenza del dazio imposto sugli argenti. L’incidenza del dazio era direttamente proporzionale al peso dell’oggetto (vedi grafico) per cui è facile comprendere come gli oggetti sottoposti a questa pratica illecita fossero quelli di più grandi dimensioni e peso (caffettiere, teiere, vassoi, coppe a due manici, ecc.).

Il sistema consisteva nell’inviare alla marcatura un piccolo oggetto, pagando quindi poco dazio, per poi ritagliarne i marchi e saldarli all’interno di un pezzo di maggiori dimensioni. E’ evidente che un simile pezzo è del tutto originale sia per stile che per epoca di marcatura, ma nondimeno rappresenta un illecito che, se accertato, verrebbe ancora oggi perseguito, almeno nel Regno Unito. Un'alternativa a questa pratica era quella di ritagliare i marchi di piccoli oggetti del XVII secolo e di trasporli su oggetti prodotti a partire dal 1720: in questo caso è a volte agevole valutare l'incongruenza tra l'epoca suggerita dai marchi di garanzia e la reale esistenza dell'oggetto (es. una teiera) nel 1600, o semplicemente un particolare stile o modello.

Accorgersi di questo tipo di contraffazione non è sempre semplice e d’altra parte se questa non fosse stata eseguita ad opera d’arte l’argentiere avrebbe rischiato parecchio. Un sistema utile al riconoscimento del duty dodging è la verifica della posizione dei marchi. Questa infatti è caratteristica di una particolare epoca e di un certo tipo di oggetto (per approfondimenti vedi Peter Waldron, 2001. The Price Guide of Antic Silver. Ed. Antique Collector Club). Per fare un esempio, nel secondo quarto del 1700 le caffettiere (tra gli oggetti più frequentemente sottoposti al duty dodging) venivano marcate con i bolli posti in linea alla sommità del corpo dell’oggetto, vicino al manico e subito sotto il coperchio, o, in alternativa, sotto la base con i bolli posti in cerchio attorno a quello dell’argentiere. Se si trova una caffettiere con i bolli posti in linea al di sotto della base, si ha un'elevata probabilità che si tratti di duty dodging con bolli presi probabilmente da un cucchiaino della stessa epoca. Un sistema pratico per accorgersi se i marchi siano stati saldati all’interno dell’oggetto è quello di scaldarli su una fiamma (la cosa però potrebbe rovinare l’oggetto): in caso di saldatura apparirà un'ombra dovuta alla diversa velocità di ossidazione dell’argento sterling rispetto alle leghe a più basso tenore utilizzate per la saldatura ed al fatto che dove gli oggetti vengono lavorati il reticolo cristallino del metallo viene distorto e diventa più soggetto all’ossidazione. Un sistema alternativo è quello di alitare sui marchi: se questi sono stati applicati può apparire un alone attorno alla parte saldata.

Un altro modo di trasporre i marchi, per la verità molto difficile da smascherare, era quello di inserire una piastrina d’argento portante le punzonature (presa per esempio da una piccola saliera) tra il corpo e la base di grandi salsiere, coppe, boccali, ecc., ovvero di quegli oggetti che comunque prevedevano che la base venisse saldata al corpo. L’unico modo per accorgersi di questo trucco è verificare lo spessore dell’argento dove sono posti i marchi rispetto al resto dell’oggetto, oppure verificare la presenza all’interno dell’oggetto dei cosiddetti ghost marks vale a dire le tracce in rilievo che il punzone lascia anche nella parte opposta della superficie marcata. A volte tuttavia queste tracce venivano rimosse dalle finiture effettuate dagli argentieri dopo la marcatura.

In tempi più recenti la contraffazione è stata effettuata soprattutto per "trasformare" oggetti moderni, o copie di oggetti antichi, in oggetti di alta epoca di valore di mercato molto più elevato. A volte non risulta nemmeno necessario trasporre i marchi, come nel caso di copie molto ben realizzate di argenti del periodo del britannia standard (vedi Il sistema di marcatura). Dato che è stato comune realizzare ottime copie di pezzi antichi con argento a questo titolo e siccome il marchio del britannia standard non è stato molto modificato nel tempo, è sufficiente abradere o rendere poco leggibile la lettere dataria per "trasformare" un oggetto moderno in uno del periodo Regina Anna (in questo caso può essere di aiuto il marchio dell'argentiere, come spiegato nell'articolo:  Britannia silver standard hallmarks in Great Britain).

Appare evidente che se una contraffazione è ben realizzata, curando tutti i dettagli anche di carattere storico, risulta di notevole difficoltà accorgersi della frode. Fortunatamente però i falsari non sempre erano o sono dei fini conoscitori della storia dei marchi, degli stili e dei modelli dell’argenteria, e possono quindi incappare in qualche errore, a volte anche grossolano. Per verificare l’autenticità di un pezzo occorre innanzi tutto verificare che l’oggetto in questione (teiera, salsiera, ecc.) esistesse già all’epoca in cui i marchi ci indicano e, qualora esistesse, se il particolare modello fosse in uso (vedi I modelli). Occorre poi verificare se lo stile delle decorazioni possa o meno essere congruente con l’epoca (vedi Gli stili). Esistono anche altri indizi: il primo fra tutti e le condizioni della superficie (molto smussata, negli argenti antichi), il colore dell’argento (la cosiddetta patina) che per effetto delle ripetute ossidazioni e pulizie assume con il tempo un aspetto inconfondibile (l’argento annerisce per l’azione combinata dell’idrogeno solforato e dell’ossigeno atmosferico, reazione che da un punto di vista chimico è classificabile come ossidazione). Può però accadere che il pezzo sia stato sottoposto a pulizia profonda che ne abbia modificato o rimosso la patina, ma anche in questo caso è difficile che un argento antico (e ricordiamoci che per la maggior parte erano oggetti di uso comune) abbia i contorni delle decorazioni molto accentuati ed appaia come appena uscito da una fabbrica.

Per approfondimenti vedi l'articolo Dieci passi per verificare e registrare l'autenticità' di un argento antico.

Esistono anche metodi di indagine scientifici che sono in grado di risolvere molti problemi, ma che presentano diversi svantaggi: dal costo notevole, alla necessità di prelevare un campione dall’oggetto. Alcune tecniche analitiche richiedono quantità di materiale molto contenute. Altre, come la fluorescenza di raggi X (XRF in gergo scientifico) sono tecniche non distruttive, ovvero riescono a fornire la composizione chimica del metallo senza che questo venga distrutto o addirittura che ne venga prelevato un campione. Questi metodi, applicati ovviamente a pezzi di grandissimo livello o nel caso di contenziosi legali, prendono in considerazione la composizione dell’argento, soprattutto riguardo al contenuto di impurezze (piombo, zinco, arsenico, antimonio, zolfo, ecc.) presenti a livello di tracce. Studi recenti con tecniche sofisticate (vedi ad es. W. Devos et al., 1999. Determination of impurity in antique silver objects for authentication by laser ablation inductively coupled plasma mass sprectometry. J. Anal. At. Spectrom., 14, 621-626), hanno dimostrato come le leghe di argento utilizzate prima del 1850 (quando la raffinazione del metallo ha subito un deciso cambio di tecnologia, vedi Argento e dintorni) presentino una concentrazione di impurezze decisamente superiore a quella delle leghe più moderne. Utile è anche l'analisi chimica delle saldature che solo nel XX secolo sono state realizzate con leghe contenenti cadmio: occorre però prestare cautela, in quanto un oggetto antico può aver subito una riparazione in tempi più recenti. Risulta invece meno agevole che per altri metalli (es. rame), risalire alla miniera di origine dell'argento con l'applicazione di tecniche spettrometriche in grado di definire la composizione isotopica del metallo, sia perché l'argento presenta sono due isotopi stabili naturali, sia per il fatto che la loro differenza di massa è molto contenuta.

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UTILIZZO DI PUNZONI CONTRAFFATTI O RIPRODOTTI



Tornando alle contraffazioni eseguite in tempi non recenti, occorre citare il caso di Lyons and Twyman risalente al tardo XIX secolo. I due avevano contraffatto diverse decine di punzoni con i quali marcavano come antichi oggetti a loro contemporanei (di epoca vittoriana). Si pensa che siano stati contraffatti ed immessi sul mercato diverse migliaia di pezzi, prima che questi falsari venissero smascherati. Fortunatamente la loro conoscenza dei marchi e degli argenti antichi era modesta ed è proprio da alcuni evidenti errori che è stato ed è possibile (ancora oggi è una delle più probabili contraffazioni che si possa incontrare) rendersi conto della frode. Il segno distintivo più noto (una sorta di loro firma) è la forma del riquadro che contiene la testa di leopardo incoronata, che presenta un caratteristico taglio nella parte inferiore destra.

Sopra: marchi di Londra del 1784 ottenuti con punzoni contraffatti da Lyons and Twyman (l'argentiere vorrebbe essere William Cattell)

Sotto: marchi originali di Londra del 1784 (argentiere Richard Crossley)

Un altro tipo di falsificazione utilizzata soprattutto in passato è la riproduzione per fusione (casting) che consiste nel produrre un calco di un oggetto (soprattutto candelieri e antichi cucchiai) e da questo, utilizzato come stampo, produrne una serie di copie, riproducendone nel contempo anche i marchi. E’ evidente che le varie copie risultano del tutto identiche per cui, se si entra in contatto con almeno due pezzi riprodotti in questo modo, è spesso possibile scoprire la falsificazione visionando i marchi. Infatti, almeno fino alla metà del 1700, i punzoni venivano battuti manualmente uno ad uno sul pezzo da marcare, cosicché è praticamente impossibile trovare due pezzi, anche gemelli come due candelieri o un set di cucchiai, con punzonature perfettamente identiche. Questo tipo di contraffazione è stata anche operata con la tecnica dell’electroforming di cui si è accennato alla pagina Silverplate.

Come esempio di contraffazione piuttosto sommaria di punzoni, riportiamo questo set lattiera e zuccheriere, eseguite (stando ai marchi) a Londra da un fantomatico argentiere BM che secondo i falsari doveva anche avere rapporti con la casa reale inglese (una corona sopra le iniziali). Il set è formalmente marcato a Londra nel 1797. Questo set è comparso per almeno tre volte su un noto sito d'aste nell'arco di 5 anni.

 

Lattiera e zuccheriera marcate a Londra nel 1797: una chiara e pessima falsificazione dei punzoni.

Qualche dubbio dovrebbe già sorgere per il fatto che un simile modello non era ancora in auge nel 1797. Una decina di anni più tardi rispetto ai marchi compaiono i piedini a palla, ed un modello simile di lattiera diventa di moda: resta però la completa incongruenza della zuccheriera, soprattutto per la presenza di un coperchio che, in generale, ma soprattutto in questa epoca, non era in uso.

I restanti dubbi, se del caso, vengono poi completamente fugati osservando i marchi. Questi sono impressi in circolo al di sotto dei due pezzi, come si usava all'epoca per le teiere, ma per lattiere e zuccheriere era molto più comune la marcatura in linea sotto il beccuccio od il bordo superiore.

Ma diamo un'occhiata approfondita ai marchi (foto a destra, in basso), confrontandoli con quelli originali di Londra del 1797 (foto a destra, in alto): il marchio dell'argentiere potrebbe essere ispirato a quello di Benjamin Mountigue o Benjamin Mordecai, che ha operato nel periodo, ma, a parte la corona, sembra più simile a quello di Barak Mewburn (operativo dal 1830); il leone passante non è guardante, cosa che la racconta lunga sulla preparazione di questi falsari; la lettera dataria B è una brutta riproduzione di quella in uso nel 1797 e solo la testa di leopardo incoronata potrebbe essere presa per buona, anche perché un po' abrasa e poco visibile nei dettagli. I falsari erano tuttavia consci che a partire dal 1784 ogni oggetto doveva riportare il bollo del dazio (vedi Il sistema di marcatura). Il bollo del dazio in effetti è stato impresso e raffigura l'effigie di Giorgio III, ma l'immagine, a parte il cartiglio che è errato, è speculare rispetto al marchio originale (guarda a sinistra e non a destra).

Un altro esempio è rappresentato da questa caffettiera.

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L’oggetto (altezza cm.21 peso 700 g), è punzonato con una serie di 5 punzoni sul corpo: marchio dell’argentiere, leone passante, testa di leopardo incoronata, lettera dataria “u” minuscola e bollo del dazio di Giorgio III.

All’interno del coperchio sono impressi il leone passante e il punzone dell’argentiere.

Il modello della caffettiera richiama quelli in voga durante il regno di Giorgio II (meta del XVIII secolo). Il manico in avorio non era però in uso e la sua forma è sostanzialmente diversa dei manici in legno utilizzati a metà del 1700. L'altezza delle caffettiere del periodo si attestava sui 30 cm , per cui questa sembrerebbe un pochino bassa.

I punzoni non sono purtroppo ben leggibili nei dettagli, ma in base ai marchi l’oggetto sembrerebbe punzonato a Londra nel 1795. La data di marcatura è però incongruente con il modello: a fine 1700 erano di moda le caffettiere ad urna in stile neoclassico e già a partire dal 1760 il modello in oggetto differiva sostanzialmente da quello in uso durante il regno di Giorgio II, assumendo una forma a balaustro molto più accentuata. Inoltre, la posizione dei marchi non sembra corretta: in manufatti dell’epoca questi erano impressi molto più in prossimità del bordo superiore (oppure in circolo al di sotto della caffettiera). Erano inoltre impressi molto più il linea e in maniera più compatta (con meno separazione tra loro).

Ma anche qui esaminiamo attentamente i marchi: il marchio di garanzia (leone passante) non è guardante, per cui, se originale, è stato impresso dopo 1820; la lettera dataria “u” è stata utilizzata a Londra nel 1795, ma anche nel 1835 e nel 1915; il marchio dell’argentiere (GJ/DF in uno scudo) è quello della famosa casa di Bristol Josiah Williams & Co (George Maudsley Jackson & David Landsborough Fullerton), registrato nel 1897 ed utilizzato almeno fino al 1914.

Purtroppo non è stato possibile visionare direttamente l’oggetto per valutare la tecnica di realizzazione e l’eventuale presenza di saldature nell’intorno dei punzoni, ma si può concludere che si tratta quasi certamente di una riproduzione di una caffettiere in stile Giorgio II. Riproduzioni di questo tipo (di ottimo livello e consistenza) erano in voga nel primo quarto del 1900, ma anche nel secondo dopoguerra.

Non è chiaro (non avendo potuto visionare l’oggetto fisicamente), se i marchi siano tutti o solo in parte contraffatti, oppure solo ritagliati da altri oggetti ed inseriti nel manufatto in questione.

In ogni caso le incongruenze riportate sono sufficienti ad asserire che si tratta di una contraffazione, a dire il vero nemmeno troppo sofisticata.

Quelli presentati sono esempi di falsificazione sommarie, ma non crediate che sia sempre così semplice smascherare queste pratiche.

Un caso del tutto particolare, che per la verità riguarda quasi esclusivamente oggetti con falsi marchi francesi, tedeschi e fiamminghi, è quello dei cosiddetti "falsi d'epoca" realizzati ad Hanau (Germania) ed importati (e spesso marcati regolarmente con marchi di importazione) soprattutto in Inghilterra e Stati Uniti. Un esempio di questo tipo di falsificazione (marchi francesi) è descritto al seguente link. Un secondo esempio (marchi tedeschi) è descritto al seguente link.

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ALTERAZIONI



Una pratica con la quale non è raro imbattersi è la trasformazione di un oggetto nato per un determinato scopo in un altro.

Questo può essersi verificato per due motivi sostanzialmente diversi tra di loro. Il primo riguarda un adattamento di vecchi oggetti alle nuove mode, in termini soprattutto di decorazioni, ma anche di remake di oggetti non più utilizzati o di moda in un determinato periodo storico, in altri di uso comune. Il secondo caso di trasformazione cade invece nel settore della vera e propria contraffazione, essendo effettuato esclusivamente per ottenere un pezzo di più elevato valore di mercato da uno difficilmente commerciabile

Il primo esempio, che non rappresenta una frode, si incontra piuttosto frequentemente su boccali e tankard della fine del XVII o del XVIII secolo. Entrambi questi oggetti sono rapidamente andati fuori utilizzo dall’inizio del XIX secolo e l’assenza pressoché completa di decorazioni li rendeva oltretutto fuori moda. A molti boccali e tankard settecenteschi sono state quindi applicate, a partire dall’inizio del XIX secolo, decorazioni "posticce", abbastanza ben identificabili, nonostante lo stile (prevalentemente rococò) fosse a volte lo stesso in auge alla data di fabbricazione dell’oggetto. Il neo rococò esploso sul finire del periodo georgiano (vedi  Gli stili) era infatti molto più pesante e molto meno raffinato (e comunque con connotazioni  diverse) dello stile originale in voga tra 1730 ed il 1765. Tra l’altro questi oggetti sono stati tra i pochi che non hanno subito l’influenza delle decorazioni dei vari stili settecenteschi.

 

Boccale di periodo Giorgio II (metà settecento) con decorazioni neo rococò di gusto ottocentesco.

La stessa sorte è toccata a caffettiere di periodo Regina Anna o Giorgio I, anche queste in origine molto lisce e semplici, alle quali sono state applicate decorazioni o lavori a cesello di gusto prettamente vittoriano. In molti casi gli stemmi originali (coat of arms) che indicavano la casa nobiliare per la quale il pezzo era stato realizzato venivano rimossi per abrasione della parte di superficie interessata. Questo porta ad un assottigliamento dello spessore dell’argento che può essere evidenziato passando l’oggetto tra pollice ed indice per constatarne le differenze eventuali di spessore. Occorre tuttavia tenere presente che la rimozione di stemmi, ornamenti distintivi famigliari, iniziali ed iscrizioni è una pratica che ha avuto il suo apice alla fine del XIX secolo, soprattutto per problemi di moda.

                      

A sinistra: caffettiera (Londra 1729) con decorazioni rococò probabilmente aggiunte in epoca più tarda

A destra: caraffa (Londra 1765) probabilmente ottenuta da un tankard 

Altre alterazioni più o meno comuni riguardano: bicchieri trasformati in lattiere; grandi zuccheriere (in uso soprattutto nella prima metà del XIX secolo) trasformate in teiere; piatti in vassoi e viceversa o in molto ricercati e decorativi contenitori per frutti di bosco.

             

A sinistra: boccale (1749) trasformato in lattiera con l'aggiunta del beccuccio e decorato con motivi rococò

Al centro: boccale (1800) trasformato in lattiera con l'aggiunta del beccuccio

A destra: boccale (1870) trasformato in lattiera con l'aggiunta del beccuccio

 

A sinistra: boccale (1773) trasformato in brocca con l'aggiunta di un beccuccio e del coperchio.

A destra: boccale (Dublino, metà 1800), trasformato in teiera con l'aggiunta di un beccuccio e del coperchio.

Come detto questa pratica non è illegale, ma il suo effetto è quello di rendere il pezzo meno appetibile sul mercato e, per molti, assolutamente da evitare.

Riconoscere questo tipo di trasformazioni può non essere agevole: oltre alla già citata congruenza tra stile, decorazione e modello con la data ricavabile dalla marcatura e, se è tracciabile, con l’anno di registrazione ed il periodo storico in cui l’argentiere che ha realizzato l’oggetto ha lavorato, occorre porre attenzione ad altri particolari come ad esempio la posizione e la forma dei marchi che, soprattutto nelle caffettiere ottenute dai tankard possono essere significativamente spostati rispetto al dovuto (es. non alla sommità subito sotto il bordo, ma più centrati sul corpo della caffettiera). L’applicazione di decorazioni poi, avvenendo a marcatura già effettuata, tende a "stressare" i marchi, allungandoli od imprimendo loro angolazioni che non corrispondono all’originale. Ogni parte applicata (coperchi e manici con isolatori in avorio) deve essere marcata, almeno con il leone passante (in dipendenza dell’epoca anche con la lettera dataria e/o il marchio dell’argentiere e, dal 1784 fino al 1890 con il bollo del dazio). Dal 1797 le parti aggiunte successivamente (che comunque, come detto non dovevano trasformare un oggetto in un altro) sono soggette all’obbligo di marcatura e al pagamento del dazio (sulle sole parti aggiunte se inferiori ad 1/3 del peso iniziale, o sull’intero oggetto considerato come nuovo, se superiori a 1/3 del peso iniziale). 

L’evidenza di saldature in posizioni diverse da quelle strettamente necessarie per la realizzazione dell’oggetto, è sempre da tenere in considerazione ed deve essere ispezionata attentamente. Infine, le dimensioni e le proporzioni dell’oggetto (es. troppo alto, troppo panciuto, ecc. rispetto al "normale") sono spesso indizi di alterazioni.

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L’ANTIQUE PLATE COMMITTEE


Quando viene accertato che i marchi su un oggetto non sono quelli originali (sia in caso di argenti antichi che di recente manifattura, ed almeno restando nel campo degli argenti inglesi), questi devono essere cancellati, ponendoci sopra una X e sostituiti con marchi contemporanei (sempre che l’oggetto sia conforme come standard) unitamente ad un numero di registro identificativo. L’operazione è eseguita dall’Antique Plate Committee con sede alla Workshipful Company of Goldsmiths di Londra.

Purtroppo questa sorte è stata riservati a molti oggetti antichi originali non marcati che sono stati punzonati con marchi recenti, facendo loro perdere gran parte del fascino primitivo.

La stessa procedura viene usata nel Regno Unito in caso di duty dodging o a fronte di trasformazioni di oggetti in altri che ne cambino sostanzialmente il tipo di uso e la consistenza, per aggiunta o sottrazione di parti.

Come esempio riportiamo il caso di questa (per la verità molto bella) caffettiera o cioccolatiera di periodo Giorgio I.

A sinistra: caffettiera formalmente marcata a Londra nel 1668. A destra i marchi prima e dopo l'intervento dell'Antique Plate Committee

I marchi impressi al di sotto della base (parte sinistra della seconda figura) sono quelli originali, non falsificati, di Londra del 1668 (la lettera dataria L in carattere Old English, il leone passante e la testa di leopardo incoronata con i bordi che seguono il disegno dei marchi). Il marchio dell'argentiere sembra però quello di Richard Green, registrato nel 1726. La cosa più importante tuttavia sta nel fatto che la prima caffettiere inglese conosciuta risale al 1681 (vedi I modelli). Per di più un simile modello è stato introdotto durante il regno di Giorgio I, tra il 1720 ed il 1730, cosa che per altro sarebbe congruente con l'epoca di registrazione del marchio dell'argentiere.   Che cosa è successo? si tratta di un'ottima contraffazione?. No, solo un ottimo esempio di duty dodging praticato inserendo al di sotto della caffettiera i marchi ricavati da un oggetto (probabilmente molto danneggiato) marcato nel 1668. La posizione dei marchi (impressi casualmente e non in circolo attorno al marchio dell'argentiere) sembra avvalorare questa ipotesi (vedi l'articolo Dieci passi per verificare e registrare l'autenticità' di un argento antico).

E' interessante notare come la scelta dei marchi sia stata molto accurata: infatti a prima vista sia la testa di leopardo che la lettera dataria possono essere prese per quelle in uso nel 1726. Solo un attento esame rivela come la testa di leopardo sia priva di cartiglio e la lettera L non sia in carattere "roman" ma "old English".  

Il proprietario di questo oggetto, probabilmente non appagato dal parere di alcuni collezionisti,, ha pensato di rivolgersi ai massimi esperti internazionali del settore: L'antique Plate Committee. Il Comitato ha restituito l'oggetto al proprietario con una breve e lapidaria nota ("marchi non conformi") e con gli stessi cancellati da una X, imprimendo sull'oggetto anche un numero di registro ufficiale (parte destra della seconda figura). A mio avviso era meglio tenersi il bel e raro esempio di duty dodging. L'oggetto comunque non ha perduto la sua originaria bellezza, ma solo un po' di valore collezionistico. Unico "difetto" è la cesellatura a piatto di ispirazione rococò, sicuramente posticcia.

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CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE


In questa pagina abbiamo cercato di spiegare i tipi più comuni di contraffazioni e falsificazioni con le quali un collezionista può imbattersi. Abbiamo anche cercato di spiegare come sia a volte possibile smascherare queste pratiche più o meno lecite e come porsi al riparo dalle truffe o almeno da un certo numero di queste.

Non si deve però cadere nell’errore di considerare ogni pezzo con qualche particolarità che lo distingua dalla massa degli altri come un’alterazione o una falsificazione. L’attribuzione di un oggetto a questo tipo di manipolazione deve essere sempre effettuata su basi di evidenza oggettiva per non rischiare di considerare "buono" solo ciò che rientra in precisi canoni e di scartare a priori oggetti particolari attribuendo loro valori più bassi di mercato quando, semmai, dovrebbero essere più ricercati.

In ogni caso, occorre considerare che se il nostro interesse è, come nella stragrande maggioranza dei casi, di tipo prettamente collezionistico più che artistico in senso stretto, non è così deplorevole possedere esempi di alterazioni e falsificazioni (ovviamente catalogate come tali) che pure fanno parte della storia dell’argenteria nel Regno Unito.

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